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Cangiullo, futurista dissidente

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13 apr - 09 giu

Nei locali della Biblioteca Labronica F. D. Guerrazzi di Villa Fabbricotti (viale della Libertà, 30) si può visitare la mostra Francesco Cangiullo. Futurista dissidente promossa dal Comune di Livorno e curata da Veronica Carpita. La mostra ad ingresso gratuito rimarrà aperta fino al 9 giugno.

Il progetto espositivo indaga il percorso artistico di questo artista eclettico, considerato da Marinetti “primo e altissimo poeta napoletano” , dagli anni della giovinezza napoletana, all’epoca della sua adesione al Futurismo fino al lungo periodo trascorso a Livorno. In mostra manoscritti, lettere, fotografie, partiture, edizioni rare e pubblicazioni d’epoca, dipinti, disegni e collage degli anni livornesi oltre ad alcune preziose testimonianze grafiche e pittoriche del periodo futurista.
In mostra anche gli elaborati di sedie futuriste realizzate dagli allievi della Fondazione d’Arte Trossi Uberti . Gli allievi , traendo ispirazione dal Futurismo e dal Manifesto di Cangiullo scritto nel 1920 “Il mobilio futurista. I mobili a sorpresa, parlanti e paroliberi “ hanno elaborato progetti di sedie componibili in cartone dipinto. In mostra quelli di Beatrice Barsottini (Sedia futurista per bambino), di Sabrina Filippi (Sedia futurista per adulto) e di Luca Sarti (ZANG! 2019), realizzata quest’ultima da David Andrei e Cristina Florio.

Orario di apertura della mostra : lun-ven 9,00-19,00 sabato 9,00-13,00
Info: Biblioteca Labronica “F. D. Guerrazzi” 0586/824511; www.comune.livorno.it; Cooperativa Itinera 0586/894563, www.itinera.info

Francesco Cangiullo.
Nato a Chiaia nel 1884, Cangiullo conosce Marinetti nell’aprile del 1910, in occasione della Serata futurista napoletana al Teatro Mercadante. Entusiasta degli ideali sovvertitori del movimento contro la società passatista, entra nel Futurismo e fino al 1924, anno della sua volontaria uscita, è uno degli innovatori più autentici della poesia e del teatro.
Uomo colto e brillante, Cangiullo riversa il suo felice estro creativo e la sua giocosa coerenza sperimentale nell’invenzione delle lettere umanizzate, dell’alfabeto a sorpresa e della poesia pentagrammata. Insieme a Marinetti fu il solo poeta italiano a comparire nel numero unico della rivista Dada “Cabaret Voltaire” pubblicato a Zurigo nel 1916. Nei dodici anni della sua adesione al movimento, Cangiullo fu attivissimo organizzatore e insostituibile promotore a fianco di Marinetti: scrive romanzi, pubblica articoli e poesie visive in quotidiani e riviste futuriste come “Lacerba”, lavora alla coreografia “Il giardino zoologico” per i balletti russi di Diaghilev con costumi di Depero (mai andato in scena), espone nelle mostre futuriste in Italia e in Europa, scrive il manifesto del Mobilio futurista, collabora con Ettore Petrolini, e insieme a Marinetti crea il “Teatro della Sorpresa”, il più riuscito esempio di scrittura scenica teatrale dell’avanguardia italiana.
Nel 1924 Cangiullo esce dal movimento Futurista. Non ne condivide l’anima ideologica che prende il sopravvento su quella poetica e che avvicina il futurismo al fascismo. Si chiude nel mondo rassicurante della sua Napoli, si dedica all’attività di giornalista, romanziere e pittore, e comincia a elaborare le memorie degli anni furenti del primo futurismo. Con i primi anni Venti, Cangiullo ritiene conclusa l’avventura del movimento: quelli arrivati dopo, scrive, hanno fumato “le cicche liriche che noi buttammo là”. Da quel momento, con grande coerenza, decide di vestire i panni del passatista e di non produrre più opere futuriste per non fare il verso a se stesso.
Terminato il conflitto mondiale, durante il quale i bombardamenti distruggono la sua casa, Cangiullo lascia Napoli dove non farà più ritorno: nel 1956 alla Galleria “Blu di Prussia” mette in vendita gran parte delle opere e delle pubblicazioni del suo periodo futurista e si trasferisce con la famiglia a Roma. Dopo poco, da solo, parte per Livorno dove continua la sua attività di giornalista per la pagina culturale de “Il Tempo” e coltiva la sua passione per la pittura. Nelle sue camere-atelier all’Hotel Palazzo che affacciano sul lungomare, realizza innumerevoli tavolette in uno stile figurativo che riprende a piene mani la pittura della Belle Époque parigina, in un deliberato, melanconico abbandono al passatismo.
Nella città labronica che tanto gli ricorda Napoli, raduna intorno a sé una rete di intellettuali, giornalisti e artisti, tra i quali Luciano Caruso, Paolo Belforte e Georges de Canino. Cangiullo è l’unico testimone vivente del primo, più autentico, Futurismo e, incurante delle contrapposizioni ideologiche, diventa il pioniere della riscoperta e rivalutazione storiografica di quella prima avanguardia europea.
Negli anni Sessanta, Cangiullo coltiva in varie forme il suo amore per il teatro: scrive sceneggiature anche per il cinema, ispira Paolo Poli in uno spettacolo da una pièce di Marinetti e porta in scena nel 1968 al Centro Artistico Il Grattacielo la sua ultima commedia, “La cura delle Rose”. In quegli stessi anni conosce Mena Joimo con la quale stringerà un’intensa amicizia: Mena diventa sua allieva e modella, e assiste l’ormai anziano maestro nella propria casa, dove si spegne il 22 luglio 1977.